ottobre 05, 2005

Checkpoint zero. The race starts here

Caro ***,
se sei d'accordo limiterei l'interlocuzione telefonica ad aspetti che non necessitano una verifica approfondita degli argomenti discussi nell'incontro del xx/0x/200x e recepiti nel documento di checkpoint di cui abbiamo chiesto a *** (inviatoti in copia elettronica) una formale accettazione come impostoci dalle nostre procedure di qualità. A tale proposito ti pregherei di esportare a *** appena ti è possibile tue eventuali osservazioni in merito, in modo da coonsentirle un'approvazione formale del piano di attività residue e condividere l'impostazione alle attività fin qui seguita.

Sembra il fratello maggiore di Sentaprof, invece è un signore ad elevato profilo professionale del settore informatico, che sta scrivendo a professorini universitari e a funzionari di enti locali.
Non interessa qui la produzione di linguaggi estemporanei e postmoderni, quanto il fatto più banale che il ricevente - appositamente intervistato - non abbia capito nulla. E difficilmente avrebbe potuto capire chiunque altro diverso dal mittente. L'autoreferenzialità pare sia fenomeno noto e studiato da eminenti colleghi.
Il punto è un altro: se la grande impresa informatica italiana si esprime così è ragionevole ritenere che pensi così. E se questa è la sua modalità di pensiero, come pensiamo noi che essa possa competere (non domani, ma oggi) sul mercato (non internazionale, ma di Caianello Scalo)?
La questione linguistico-cognitiva è di un certo interesse. Se la pose alla fine del secolo scorso Nanni Moretti in Palombella Rossa quando fa dire al suo alter-ego Michele Apicella: "Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!"
La questione della competitività dei settori avanzati in Italia se la pone da anni, con riferimento al sistema produttivo e alle istituzioni regolative del mercato, una serie di persone serie tra cui Luciano Gallino e quelli de Lavoce.info. In occasione del prossimo Smau, se l'è posta anche lo spigoloso Zambardino su Repubblica e stavolta sembra difficile dargli torto. Solo che per chi si definisce "umanista", appare alquanto disumano usare senza mediazioni -e senza necessità- il termine "powwow", che uno volentieri girerebbe al mittente. Se non fosse che per fortuna, scansati gli indiani, c'è come ritrovarsi.

Nessun commento: