ottobre 24, 2005

Fulcro informativo. Ed è subito provincia

C'era una volta un sito di ateneo, modesto, con poche pretese, nessun denaro, ma con un buon grado di soddisfazione da parte degli utenti. Ora quel sito è cresciuto, ha cambiato responsabile (non sono più io), ha un discreto finanziamento, cinque persone che lo seguono... e dopo più di un anno di silenzio ha pubblicato una nuova home insieme alle pagine immediatamente sottostanti. Niente male, un lavoro che mi sembra degno e che merita fiducia per il futuro.
L'inciampo mi è venuto leggendo la letterina per babbo natale, ovvero "le motivazioni":

"L'obiettivo che stiamo perseguendo è quello di operare una trasformazione dell'uso e della percezione del sito web di Ateneo facendolo transitare dallo stato di "bacheca elettronica" a quello di vero e proprio "fulcro informativo" per tutti i suoi utenti a qualunque titolo coinvolti."

Bacheca elettronica ho capito che vuol dire mezza puzza, ma qualcuno che se ne intende mi sa spiegare cosa vuol dire "fulcro informativo"?

ottobre 19, 2005

Google print in italiano

Quella che vedete qui accanto è una libreria non cartesiana. Vista vuota sembra inutilmente sconclusionata. Immaginata piena, si coglie il suo valore: finalmente si possono ordinare libri di varie altezze senza specare spazio. Un ottimo esempio di rottura di paradigma e di rifunzionalizzazione di un oggetto maturo. L'ha disegnata-progettata-immaginata Mareike Gast, una giovanissima ragazza tedesca.
Ma il tema del post è un altro, sempre libridinoso.

Qualcuno mi ha scritto per segnalare l'esistenza di Google Print. Gli sono grato perché ero convinto di averne già parlato, invece era stato forse solo un desiderio. Si tratta di un fatto ampiamente commentato, ma comunque di grande rilievo: Google ha deciso di digitalizzare e indicizzare i libri, quelli di carta. Il progetto è stato pubblicizzato nella primavera del 2005 e agli inizi di giugno era in linea la versione beta.
Per iniziare Google passerà nello scanner il contenuto di alcune biblioteche universitarie fra quelle della Ivy League, ovvero fra le più prestigiose degli Usa. Recentemente c'è stata una ripresa di interesse per il fatto che l'associazione professionale degli editori americani (AAP) ha denunciato Google per violazione delle leggi sul copyright (non si stufano mai e non hanno vergogna. Gli avvocati non gli editori). Google ha avuto buon gioco nel dimostrare che con questo servizio l'utente viene solo a sapere se un certo libro contiene una certa informazione e può quindi deciderne l'acquisto, cosa che agli editori non dovrebbe dispiacere. Infatti gli editori sono sollecitati a sottoporre il contenuto dei loro libri: si tratta di una efficace forma di pubblicizzazione. Poi Google si cautela spiegando in dettaglio nelle FAQ come sia a difesa del libro e contemporaneamente a favore della sua diffusione.
Solo i libri senza copyright o passati, dopo 70 anni, a far parte del pubblico dominio possono essere anche consultati, almeno in parte. Per esempio dell'Enrico IV di Shakespeare si puo' leggere l'indice e consultare i contenuti. Come si può cercare la ricorrenza delle parola "proletariat" nel primo volume del Capitale di Marx. Insomma abbiamo di fronte uno strumento formidabile. Dicevo che tutto questo è cosa ormai dei mesi passati - i mesi passati in internet sono il territorio della nostalgia e dell'oblio. La notizia di oggi, anzi di ieri, è casomai che è in linea la versione italiana di GPrint. La cosa interessante è che i risultati sono leggermente diversi rispetto alla versione inglese.
Aggiornamento: oggi la AAP ha comunicato alla stampa di dare seguito alla causa. Il punto starebbe nel fatto che Google si è rifiutata (o rifiutato?) di utilizzare il codice ISBN di identificazione dei libri. La cosa interessante è che nel comunicato si cita come esempio virtuoso quello di Yahoo che insieme a Adobe ha sponsorizzato in risposta a Google Print il progetto analogo di Open Content Alliance, che si presenta altrettanto degno. Un nuovo episodio della seconda guerra del web.

ottobre 18, 2005

Avete mai visto un metamotore?


Che lo abbiate visto o meno, vale la pena di andare a visitare Gada.be.
Lo ha realizzato Chris Pirillo, uno dei tanti protagonisti della scena high tech americana. Si tratta di un motore che aggrega risultati di vari motori e che è stato progettato per l'utilizzo da aggeggi portatili, ma che funziona bene anche su un browser normale.
Il suo utilizzo è abbastanza intuitivo ed e' anche abbastanza ben spiegato nel "What is gada.be?".
Cosa significa Gada.be? Si tratta della traslitterazione di "Got to be", una locuzione relativa al dover essere che assume diversi significati a seconda del contesto. Contesto che appunto cambia a seconda del termine cercato e del contesto di ricerca scelto.
Per rimanere in tema di dover essere, di come ci si presenta, di quello che i napoletani chiamano: "chi so' io e chi si tu", date un occhio alla modestia con cui il Chrispirillo di cui sopra si presenta timidamente al pubblico nella sua omonima pagina di promozione: istruttivo, ma anche un po' deprimente. Fasso tuto mi.

ottobre 17, 2005

I 10 comandamenti del blog




Di David Nielsen e della sua passione per dettare regole abbiamo parlato pochi giorni fa. Oggi Nielsen si è misurato con i blog e ha individuato i 10 principali errori tecnico-comunicativi dei blog.
E' la prima volta che considera questa nuova creatura e mi sembra che i suoi precetti, sebbene insopportabilmente precettosi, siano tutti largamente, anche se non totalmente, condivisibili.
La cosa che più mi fa piacere di questa quasi condivisione è che dei dieci top mistakes, io qui ne commetto almeno otto. Ma così ho spazio per migliorare.
Update: li commetto tutti e dieci. E non ho scuse.

ottobre 15, 2005

Uorning piratery

Andare a cinema con un bambino, magari di tipo figlio, al quale hai negato la tv per vedere l'effetto che fa e in cambio gli hai passato tanti filmini col bollino e senza. Andarci insieme al cinema sta cominciando a diventare imbarazzante.
Il corto "contro la pirateria" è aggressivo e violento, senza se e senza ma. Non ho mai visto tanto zelo applicato alla mafia, alla corruzione... No, la pirateria fa danni miliardari, è il vero flagello e, se si legge questa nota della Rai, anche il virus H5N1 fa meno paura. Un bambino fa molta fatica a capire se la prossima volta potrà vedere Tom e Jerry senza essere messo in galera e non capisce come il padre abbia potuto mentirgli tutto questo tempo: era anche lui un pirata?
Allora seppelliamoli con una risata, andate a vedere il contro-spot (quicktime) girato dalla Grezzofilm. E vedetevi anche gli altri remake.
(via Manteblog)

ottobre 13, 2005

Cartografia concettuale

La geografia è una scienza di chiara ascendenza militare. Avevo appena scritto della seconda guerra per il web che ho scoperto questa mappa dei conflitti, delle alleanze e delle storie. La pubblica CNet ed è un bell'esempio di rappresentazione schematica e interattiva. La possibilità di ricentrare la mappa e le storie collegate mi sembra una cosa di così sofisticata semplicità da morire di invidia. In rosso sono indicate le companies, in verde gli argomenti e in nero le storie. E il bello è che mi sembra anche di capire. Il che fa anche piacere, anche se si tratta di mera illusione. Tutto il contrario di quello che mi era capitato analizzando con attenzione quest'altra mappa, che intendeva, molto lodevolmente, ma meno efficacemente, spiegare la sociologia a ragazzi di primo anno. Un'analisi delle differenze può forse insegnare qualcosa.

ottobre 12, 2005

Web Wars episode 6.0.1: a new iGadget


Il lancio di iPod video e di iTunes 6, avvenuta in queste ore, sono probabilmente una mossa rivoluzionaria. O forse no: staremo a vedere e sarà interessante. E' difficile giudicare una innovazione prima della verifica della sua accettazione sociale. In questo caso però ci troviamo di fronte a un salto interspecifico (dall'audio al video) di una tecnologia che è invece ampiamente collaudata e largamente accettata: quella costituita dall'insieme di riproduttore (iPod), medium di distribuzione (web), tecnologia di distribuzione asincrona (podcast). La potenziale e nemmeno troppo avveniristica ipotesi è quella di un nuovo modo, fra i tanti, per porre fine alla televisione, almeno per come la conosciamo. Il passaggio dalla tv generalistica e sincrona a quella di nicchia, specialistica, e asincrona e personale è ora non solo tecnicamente, ma anche praticamente possibile. Data la considerevole - e in gran parte inspiegabile - massa di fan dell'iPod, ci sono le premesse, la massa critica, per pronosticare un facile successo di questo nuova piccola, ma molto significativa innovazione incrementale.
La cosa più divertente è che fino a poche ore fa Steve Jobs assicurava che questo business non gli interessava:
“You can already download movies on the iTunes Music Store, and some albums offer video as an incentive to buy the music,” e “We also offer video podcasts, but will people buy a video device just to watch this video? So far they haven’t. No one has been successful with that yet.” (via melablog)
La notizia di oggi era stata finora l'acquisizione-incorporazione di Real Media in Microsoft. Una notizia bomba che però adesso passa in secondo piano. Solo pochi giorni fa Apple e Sun avevano stipulato un accordo potenzialmente molto aggressivo nei confronti di MicroSoft. Stiamo assistendo, e purtroppo solo da spettatori-consumatori, non al Web 2.0, ma alla WWW II: la seconda World Web War.

ottobre 06, 2005

Lessig in un solo post


Se volete capire cosa vogliono i creative-commonisti e i copy-leftisti, perchè non sono pirati e non sono eversivi, il tutto in due minuti, in italiano e risparmiandovi Larry Lessig, leggetevi la Legittima difesa di Zoro.

(Via Manteblog)

ottobre 05, 2005

Checkpoint zero. The race starts here

Caro ***,
se sei d'accordo limiterei l'interlocuzione telefonica ad aspetti che non necessitano una verifica approfondita degli argomenti discussi nell'incontro del xx/0x/200x e recepiti nel documento di checkpoint di cui abbiamo chiesto a *** (inviatoti in copia elettronica) una formale accettazione come impostoci dalle nostre procedure di qualità. A tale proposito ti pregherei di esportare a *** appena ti è possibile tue eventuali osservazioni in merito, in modo da coonsentirle un'approvazione formale del piano di attività residue e condividere l'impostazione alle attività fin qui seguita.

Sembra il fratello maggiore di Sentaprof, invece è un signore ad elevato profilo professionale del settore informatico, che sta scrivendo a professorini universitari e a funzionari di enti locali.
Non interessa qui la produzione di linguaggi estemporanei e postmoderni, quanto il fatto più banale che il ricevente - appositamente intervistato - non abbia capito nulla. E difficilmente avrebbe potuto capire chiunque altro diverso dal mittente. L'autoreferenzialità pare sia fenomeno noto e studiato da eminenti colleghi.
Il punto è un altro: se la grande impresa informatica italiana si esprime così è ragionevole ritenere che pensi così. E se questa è la sua modalità di pensiero, come pensiamo noi che essa possa competere (non domani, ma oggi) sul mercato (non internazionale, ma di Caianello Scalo)?
La questione linguistico-cognitiva è di un certo interesse. Se la pose alla fine del secolo scorso Nanni Moretti in Palombella Rossa quando fa dire al suo alter-ego Michele Apicella: "Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!"
La questione della competitività dei settori avanzati in Italia se la pone da anni, con riferimento al sistema produttivo e alle istituzioni regolative del mercato, una serie di persone serie tra cui Luciano Gallino e quelli de Lavoce.info. In occasione del prossimo Smau, se l'è posta anche lo spigoloso Zambardino su Repubblica e stavolta sembra difficile dargli torto. Solo che per chi si definisce "umanista", appare alquanto disumano usare senza mediazioni -e senza necessità- il termine "powwow", che uno volentieri girerebbe al mittente. Se non fosse che per fortuna, scansati gli indiani, c'è come ritrovarsi.

ottobre 04, 2005

Le tavole della legg(ibilità)

David Nielsen è un signore non particolarmente simpatico che si auto definisce guru dell'usabilità. Ogni guru è infatti autodefinito. E anche questo è un guru di poca modestia ma, diversamente dal solito si tratta anche di una persona con relativamente poche idee, molto chiare e in genere verificate con osservazioni scientifiche o simil tali. Nielsen è un personaggio del Web 1.0 - i suoi libri (Designing Web Usability e Home Page Usability)risalgono alla fine degli anni '90, non ha un blog, ma un sito - ma le cose che ha da dire sono ancora preziose. Una delle idee ricorrenti di Nielsen è che anche il web abbia bisogno di standard, di linguaggi condivisi, di convenzioni. La costruzione di queste convenzioni - il processo di istituzionalizzazione - è un processo sociale determinato dall'alto (da chi progetta software), ma anche dal basso, dagli utenti, dalle loro preferenze e dai loro limiti. Nielsen fa il guru a pagamento, nel senso che partecipare alle sue conferenze costa molto, ma pubblica anche sul web brevi commenti e suggerimenti sui temi dell'usabilità: le alertbox, che compiono 10 anni!. In questi giorni Nielsen ne ha pubblicato una di quelle che troverete poi citate dappertutto: i "Top Ten Web Design Mistakes of 2005".
Gli americani hanno la fissa dei 10 peccati e dei relativi 10 comandamenti, vediamo quali sono quelli rilevati da Nielsen su un campione di utenti:
  1. Ostacolare la lettura con caratteri troppo piccoli o con poco contrasto rispetto al fondo;
  2. Indicare i link in modo non standard e finire quindi per nasconderli;
  3. Un uso non appropriato delle animazioni e di Flash;
  4. Contenuti scritti non espressamente per il web: stile prolisso ecc.;
  5. Ostacolare la ricerca di specifici contenuti del sito;
  6. Incompatibilità verso specifici browser;
  7. Moduli complessi e macchinosi;
  8. Assenza di riferimenti fisici, come un indirizzo postale;
  9. Impaginazione con larghezza prefissata;
  10. Impossibilità di ingrandire le foto.
Non so se siano i 10 più gravi peccati, ma di sicuro sono questioni che insieme ad altre intossicano la vita di chi usa internet e che potrebbero essere facilmente risolte da una maggiore attenzione alle persone che si vogliono raggiungere.
Per finire eccovi un posto dove ascoltare una intervista al sullodato, di nuovo, antipaticuzzo, ma chiaro. La prossima volta vi faccio vedere in che lingua si esprimono le imprese italiane.