gennaio 16, 2006

Indiana Jobs & Billy the Kid


La vicenda dell'ibridazione mac-intel si sta dimostrando paricolarmente interessante. Le conseguenze che ne potranno venire sono le più varie e riguardano gli scenari di un mercato dominato in modo rigidamente monopolistico da Microsoft. Infatti è bene ricordare che, mentre Apple controlla una grossa fetta del mercato della musica on line e dei player mp3 (grossa significa fra il 70% e l'80%), la sua quota di mercato per i TrappolMac è del... (verrebbe voglia di fare un quiz).
Nel 2004, meno del 2% secondo questo signore. Ovvero pur sempre la bellezza di 3,5 milioni di macchine, ma che si confrontano con i 173 milioni di macchine PcTrapp.

Ora le cose si possono rimescolare in tutte le direzioni. I sistemi si potranno ibridare, secondo Apple sarà possibile installare Win e quindi tutte le applicazioni, mentre cercheranno di non far girare MacOs sui pc. E sarà dura. O almeno io tifo per gli hacker, che intanto sono riusciti a far girare MacOs (versione per sviluppatori) su qualsiasi cosa, anche la playstation.

Una implicazione interessante è relativa alla sicurezza. In uno degli acuti commenti del post qui sotto (cui mi sono guardato dal rispondere perchè di persone che sanno il fatto loro), FDS ricordava che sfottere Redmond per le falle di windows è poco signorile, perchè anzi più patch si distribuiscono, meglio è. Quello che conta è il tempo che passa tra l'individuazione del problema e la sua soluzione. Il VLC, ovvero il ciclo di vita della vulnerabilità. Senonchè, 1) conta anche quante vulnerabilità e quanto gravi e poi 2) il ciclo non si chiude con l'emissione della patch, ma con la sua effettiva implementazione a livelli di massa.

Su queste cose ho appena trovato un articolo su BBC, pieno di buon senso, che spiega come in realtà gli utenti Mac, pur essendo oggettivamente più protetti da un sistema migliore e soprattutto da una sua minore diffusione (appunto: meno del 2%), tendano a dimenticare il problema e quindi rischino di più.
E con questo per ora basta, che le guerre dell'hardware appartengono agli anni '90. Ha vinto Intel ed è caduto un altro muro.
Kill Bill è in programmazione, insieme a molti altri sullo stesso tema, in questa sala. Via Rubel, via Montemagno.

1 commento:

Anonimo ha detto...

E' proprio vero, basta hardware. Lo penso sempre anche io.
E invece ci ritroviamo in un mondo in cui il processo di consapevolezza della rivoluzione digitale passa ancora per una attenzione esagerata che viene concessa a tutto ciò che è hardware.
L'ossessiva ricerca della performance dell'"oggetto", tutta intrisa di sessualità maschile, è probabilmente dovuta ad una incapacità generalizzata di portarsi al di là degli schermi nel gioco della virtualità e della simulazione.
Ci ritroviamo, così, con un neo-feticismo delle merci e con tutto il carico di inutilità che esso porta con sè proprio in una fase storica in cui la vera partita si gioca sul campo dei "contenuti" e dove gli "strumenti" e la loro produzione vedono l'Italia in una posizione sempre più ultramarginale.
Mi chiedo, insomma, quali sono i motivi che spingono l'uomo dell'era tecnoscientifica a lasciarsi affascinare più dal "mezzo" che dal "fine"?

FDS