febbraio 13, 2005

Automazione a pedali


E' passato oltre un mese dal disastro di Crevalcore, è tutto in ordine, responsabilità accertate, sicurezza ripristinata. Solo i ferrovieri non sono d'accordo, ma loro remano sempre contro. Allora da alcuni giorni circola una campagna di stampa delle ferrovie sulle meraviglie tecnologiche che ci attendono nelle stazioni e sui treni. Fra alcuni anni infatti...
Per ingannare l'attesa ci possiamo dedicare all'analisi di un fattariello.
A Roma l'atrio della stazione Termini è ingombro di una discreta moltitudine di scatoloni metallici al neon che a una occhiata superficiale definirei frigoriferi con display. Ma le stazioni sono il luogo della fretta e non dell'approfondimento.
Corro alla biglietteria, mi metto in fila, rapido calcolo delle persone davanti, numero di persone servite nei primi tre minuti: dovrei farcela in dieci minuti. Sono tutto proteso in avanti e non mi accorgo di un picchiettare sulla spalla. Mi giro per dire che non ho spiccioli, soprattutto per fini stupefacenti. E mi ritrovo invece davanti una signorina dall'aspetto molto curato con indosso uno di quei gilet arancione obbligatori per le forature notturne in autostrada, una delle piaghe del vivere moderno (a voi la scelta della piaga - è un test di orientamento tecnologico: gilet, foratura o autostrada?).
Insomma ho fretta e sto per invitare cortesemente, ma fermamente... Invece no, è lei che apre il cordone e mi invita a uscire dalla fila, con un piglio molto deciso. Inversione a U del setting, deglutizione, massima disponibilità. Ma proprio a me, adesso, dovevano fare il controllo di polizia in finto borghese? Mi dice di seguirla e io seguo. Seguo e ripasso gli alibi degli ultimi mesi e inizio mentalmente a negare qualsiasi addebito, circostanza, tutto. Seguo e superiamo il box dei carabinieri, della polizia, della guardia di finanza ecc. Alla fine dove mi porta la tizia catarifrangiata? Davanti a uno dei frigoriferi col display. Qui si gira e mi chiede dove devo andare. Confesso subito: Napoli. So che non è originale, ma sarebbe inutile dire Tivoli. Lo fa apposta per vedere se mi contraddico con quello che c'è scritto sui documenti. Lei anziché arrestarmi si gira verso il display e lo tocca rapidamente qua e là in vari posti. Alla fine mi dice: "21 e 22, inserisca la banconota". Io trasecolo basito rimanendo di stucco e faccio: "devo mettere i soldi? Ma ho solo da 50!" Spietata, lei dice che va bene lo stesso e, come non avrei mai creduto, in capo a una decina di secondi dal frigorifero esce prima un biglietto e poi miracolosamente il resto.
Insomma ho assistito a una dimostrazione di automazione informatica labour saving con interfaccia culturale umana e conseguente lavoro aggiuntivo, molto probabilmente in outsourcing.
Si tratta di una tipologia non particolarmente innovativa; a processi di automazione fanno spesso seguito processi di segno contrario che tendono a occupare uno spazio di mediazione culturale tra la macchina e l'utente finale. E' il caso dei venditori ambulanti che premono per voi il pulsante del biglietto in certi caselli autostradali in cambio di uno sguardo alla mercanzia, o il caso dei benzinai supplenti alle pompe automatiche che si fanno carico delle mani puzzolenti di benzina al posto vostro in cambio di una mancia. Finora però avevo visto solo esempi di questo tipo, riappropriazioni interstiziali in contesti a elevata eccedenza relativa di forza lavoro. Il caso delle biglietterie automatiche e della cosiddetta "assistenza ai clienti" è invece molto singolare. Qui è l'azienda che prima automatizza e poi riumanizza un processo cruciale: l'incasso della tariffa. La scelta sembra di buon senso, se si vuole spostare una quota di utenti verso le biglietterie automatiche è necessaria un'azione di supporto, una vera e propria mediazione culturale che istruisca e soprattutto restituisca fiducia all'utente. D'altra parte la scelta di un supporto umano discende anche da un'oggettiva complicazione del processo di emissione del biglietto.
La biglietteria automatica è una barriera cognitiva con la sua brava produzione di disabili. Io stesso ho provato questa spiacevole sensazione in Germania. Dipende dalle interfacce, che hanno un senso solo per chi usa un computer. Dipende dal numero di videate successive, oltre 10 in questo caso, e dall'affollarsi di elementi che contengono. Ma dipende innazitutto dalla fiducia in queste trappole. Forse sono più veloci di una fila, che però rallenta sempre più con la diminuzione degli sportelli aperti. Ma infilare un cinquantone in un frigorifero delle ferrovie che vi promette il resto, beh ci vuole coraggio. La scritta luminosa è fatta apposta per terrorizzare: "per assistenza tecnica rivolgersi allo sportello 33".
Io il biglietto automatico lo farò solo con le signorine catarifrangiate.
Ma allora cosa ci guadagnano le ferrovie? E' vero, le signorine le pagano meno dei signori maschi di età centrale che sono alle biglietterie, ma se è questa l'innovazione perchè non le mettono dentro le macchinette? Risparmierebbero i soldi dei compiuter e delle stampanti. Poi i frigo sono belli grandi, potrebbero stare anche in piedi!

5 commenti:

Elshady ha detto...

Ho solo una domanda che mi preme..."per assistenza tecnica rivolgersi allo sportello 33". Ma bisogna rivolgersi allo sportello se non esce il resto o per tutti i tipi di problemi?...
...no perchè... lasciare incustodito il frigorifero con 50 "erbe" dentro, allontanandosi per chiedere il perchè non funziona il meccanismo del resto, chi ne avrebbe mai il coraggio? Sono sicuro che nel breve periodo in cui si lascia il ricco frigo incustodito, ci sarà qualcuno che sarà in grado di fare un biglietto più costoso (che ovviamente comporta meno resto) con i soldi del malcapitato... e poi sò dolori no? :D

Anonimo ha detto...

Ricordo che esiste anche il "plastic money".
Certo qualcuno può allarmarsi con i seguenti avvenimenti: rischio di clonazione; non restituzione; addebito errato.
Vabbè, se nel caso allora, tanto vale farsi scippare il borsellino mentre si sta parcheggiati in coda per la biglietteria.

dario ha detto...

A dire la verità, io i "frigoriferi" li uso sempre, sarà fiducia, incoscienza o più semplicemente proprio non mi va di affrontare code chilometriche alle biglietterie. Non ho avuto mai problemi anzi, mi sono sempre potuto concedere di giungere in stazione pochi minuti prima della partenza, certo é che se ai "frigoriferi" si affianca "il personale per i frigoriferi" diviene tutto uno spreco di soldi e di questi tempi alle Ferrovie..

Anonimo ha detto...

io li userei anche i frigoriferi elettronici,ma il problema è che nella stazione della città dove vivo(Aversa)ce n'è solo uno ed è pure poco affidabile!!!
P.S. prof sà che leggendo un articolo su una rivista specializzata in hi-tech,ho scoperto che il copyleft era già un marchio registrato???
by Clark83 W

Elshady ha detto...

Caro compagno Boogie, questa è una delle cause della flessibilizzazione e precarizzazione del lavoro.
Giusto prof? :D