Questo posto si è spesso schierato in modo partigiano contro certa moda tecno-complicatistica che costituisce buona parte della barriera digitale. Non poche volte si è fatta facile ironia su di una ditta con posizione dominante, facendo intendere che in fondo il divario tecnologico avesse lì buone radici e che poi prosperasse tra ignoranza e millantata scienza.
Si apprende oggi dalle e-gazzette che il già irriso Vista™ abbia ben nove diversi modi per spegnere il dispositivo che lo ospita. Non esattamente una pratica di semplicità.
Le ragioni di questa babele organizzativa sono tante, ma un signore che ha lavorato in due riprese nella succitata ditta, ne illustra bene alcune che hanno a che vedere con la fenomenologia organizzativa, con l'elefantiasi della comunicazione e della gerarchia intra-aziendale.
Per non parlare di quello che la ditta medesima sta combinando con Zune.
windows vista zune digital divide
novembre 29, 2006
novembre 28, 2006
Una bella mattinata di rappresentanza
Il capo ha fatto quello che si chiama un ampio discorso (link per chi ha adsl, pazienza, non è allergico a Wmp e solo nei giorni feriali) un po' meccanico, ma con una bella e applaudita chiusura in difesa dell'università pubblica. Massimo Marrelli ha spiegato bene il valore dell'istruzione per una società meno immobile e più equa. Presidente muto.
Insomma un po' di mondanità accademica, ma poca emozione. L'unica forse è stata la tristezza degli studenti, rappresentati ufficialmente da un giovanotto ambizioso che si è prodotto in elenchi dettagliati di ringraziamenti alle autorità politiche, vuotissimo di contenuti come se stesse davvero per iniziare una bella carriera politica. Fuori, molto fuori e dietro varie file di polizia, poche decine di antagonisti (sembravano seguaci di Padoa Schioppa) minacciavano di farla pagare cara e tutta, ma con tono un po' rituale e rassegnato.
Insomma, essendo andato per farmi vedere in toga dalla mamma ma nemmeno una delle trecento telecamere mi ha inquadrato, non ho combinato granchè.
Insomma un po' di mondanità accademica, ma poca emozione. L'unica forse è stata la tristezza degli studenti, rappresentati ufficialmente da un giovanotto ambizioso che si è prodotto in elenchi dettagliati di ringraziamenti alle autorità politiche, vuotissimo di contenuti come se stesse davvero per iniziare una bella carriera politica. Fuori, molto fuori e dietro varie file di polizia, poche decine di antagonisti (sembravano seguaci di Padoa Schioppa) minacciavano di farla pagare cara e tutta, ma con tono un po' rituale e rassegnato.
Insomma, essendo andato per farmi vedere in toga dalla mamma ma nemmeno una delle trecento telecamere mi ha inquadrato, non ho combinato granchè.
novembre 27, 2006
Ho degli impegni
Domattina non cercatemi: ho un incontro con una persona di un certo peso, istituzionale. Anzi viene lui da noi.
Se mi fanno entrare vi racconto qualcosa. E spero di non prendere la scossa.
Care paisane e cari paisani...
novembre 25, 2006
In galera li panettieri
E' stata perquisita Google Italia per la questione del video bullismo. A parte tutte le cose ovvie già dette, ma da pochi, sul rapporto tra bullismo e sua rappresentazione: pare che le scuole italiane fossero il paradiso prima di Youtube e che Abu Ghraib fosse un carcere svedese prima della foto digitale. Oggi il ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni, una brava persona, ha detto:
"Ritengo che la decisione della procura sia un motivo in più perchè il Parlamento riveda l'assetto normativo in materia. Come ho più volte sostenuto non possono esserci due pesi e due misure, uno per carta stampata e tv e uno per la rete internet. Il rispetto della dignità umana è uno solo... il principio di responsabilità non può essere declinato a seconda del mezzo di trasmissione su cui viaggia un reato".
Internet come la stampa e la tv. Così la pensano e così la vogliono. Peccato che si sia dimenticato di citare il telefono, che forse è il paragone più azzeccato. In un paese civile quando ci sono telefonate minatorie il magistrato autorizza il controllo dell'utenza, non incrimina il signor telecom di turno. Ma l'Italia è diversamente digitale, Telecom intercetta a prescindere, e i magistrati perquisiscono Google come se fosse la scrivania di Peppe D'Avanzo.
L'Italia continua a essere davanti a Grecia e Cipro nella alfabetizzazione delle rete, ma ancora per poco forse.
bullismo Fioroni digital+divide
novembre 22, 2006
Forcella i pacchi e lo studio per corrispondenza
Il parroco di Forcella, una persona che si espone (in tutti i sensi) e che vive sotto scorta, si è laureato in sociologia all'Università telematica G. Marconi con una tesi sulle condizioni sociali del quartiere. La cronaca locale non rendeva sicuramente merito alla tesi di don Luigi Merola e dava risalto unicamente alla scoperta che la povertà nel quartiere è ereditaria. Immagino che si intendesse dire che chi ha genitori poveri ha un'elevata probabilità di essere a sua volta povero. Che è appunto una delle conseguenze della povertà e della sempre minore mobilità sociale in Italia. Queste cose si studiano a un centinaio di metri dalla parrocchia di don Luigi in una Facoltà di sociologia meno telematica e più statale: ognuno ha i suoi difetti.
Mi è sembrato un episodio emblematico e molto post moderno, un'interessante contaminazione fra vari non-luoghi, tempi e sfere della società.
Meno piacevole la vista della sede della cosiddetta università telematica: il suo sito.
Che merita una breve visita e una più breve recensione. La pagina di ingresso sa già di pezzotto, sarà colpa dei miei browser, ma nessuno riesce a far leggere bene.
Poi il logo di un'università non statale fatto con il simbolo della repubblica, ma senza la testa, mi pare a metà tra l'ammissione di colpa e la pubblicità ingannevole.
E via di questo passo, tra bollini di validazione del W3C "che da dieci anni monitorizza Internet" che, premuti, spesso confermano che la pagina non è validata; avvisi urgenti che si limitano a ricordare che bisogna pagare le tasse (€ 2.000); un "chi siamo" che cita un po' di decreti e circolari, ma mai che si faccia scappare il nome di un docente, tranne quello della rettrice con suo annesso curriculum in versione XXL; un guestbook che impone di lasciare la mail, la rende pubblica e poi avverte tutti che "non garantisce sulla riservatezza di tali datie non sarà responsabile dell’utilizzo arbitrario delle informazioni"; le pagine del club dell'università, di rarefatta vuotezza.
Ma la cosa più simpatica sono i requisiti tecnici per la frequenza, pare di stare da trony:
"L’apparecchio Media Center consigliato per accedere a T-c@ampus è l’ Acer Aspire L200 caratterizzato da: Processore AMD Athlon™ 64 3200+; Cool'n'Quiet™ Technology; Tecnologia Enhanced Virus Protection1; Microsoft® Windows® XP Media Center Edition 2005; 2x 256MB DDR, 160GB 7200RPM S-ATA; DVD-RW DUAL LAYER, Tastiera wireless,WLAN; TV Tuner, grafica ATI Radeon Xpress 200; Funzionalità EPG (Electronic Program Guide) e “Time Shifting”
Uno dei tanti motivi per cui dai dati Eurostat pubblicati pochi giorni fa sulla diffusione dell'uso di internet nell'Europa dei 25, l'Italia va meglio solo di Grecia e di Cipro.
novembre 17, 2006
Maffettone spiega Borat.
L'autorevole filosofo su carta si cimenta di nuovo con i miti della rete. Dopo le acute osservazioni della volta scorsa, ora ci racconta (sul Mattino di oggi) che è andato a vedere il film di Borat e svela che in realtà si tratta di:
"Sacha Baron Cohen, già noto per essere apparso travestito da giornalista arabo in un programma televisivo inglese di successo da lui interpretato, il «Da Ali G Show»."
Arabo, certo. Peccato che invece il personaggio sia quello di un finto gangsta rapper della periferia di Londra, nel senso che non è nemmeno un vero esponente del ghetto, ma un piccolo borghese che vive con la mamma in una cittadina middle-class; è proprio per darsi un tono che Alistair Graham ha scelto di chiamarsi Ali G. Ed è proprio perchè il nome Ali fa pensare a un arabo, in nome del relativismo culturale nessuno di quelli che incontra obietta alle colossali scemenze che Ali G si permette di dire. Solo Ken (il rosso) Livingstone, il sindaco di Londra, non ci casca e lo stoppa quando si tuffa in una tirata misogina e fascisteggiante.
Adesso però basta, che a spiegare le barzellette ai filosofi si fa la figura dei sociologi.
Se avete un po' di banda andate a vedervi l'intervista a Chomsky e da li alcune altre cose di Sasha Baron Cohen (ottima pagina di Wikipedia). E magari fatemi sapere, potrei prestarvi i miei Dvd originali.
Come al solito affido ai posteri la recensione da prima pagina dell'autorevole quotidiano meridionale nel primo commento. Da archiviare insieme a tanto altro fra i materiali per una documentazione dei novissimi termini della questione meridionale.
Baron+Cohen Maffettone
novembre 15, 2006
Le salite ardite. E le discese
Da molte parti si parla di una nuova possibile bolla finanziaria legata a internet. La cosa non dispiace in sé, ma quello che irrita i più è che possa scoppiare senza dare un educato cenno di preavviso. Il surriscaldamento è dato dalla crescita del fatturato pubblicitario (che in Italia è invece mal capito e quindi mal visto), dalle operazioni di acquisizione da parte di grandi corporations (google, yahoo ecc.) e in generale dalla grande effervescenza finanziaria e anche creativa del settore. I blog sono solo una parte della storia, ma sono un buon punto di osservazione. I grafici della crescita del mondo dei blog sono di particolare interesse. E opportunamente realizzati in modo da infondere ottimismo.
David Sifry, fondatore e Ceo di Technorati, ha pubblicato il 6 nov. il suo rapporto sullo stato della blogosfera. Oltre ai dati sulla crescita, sull'aumento della frequenza di aggiornamento, sul ritorno dei siti dei media tradizionali e sul ridimensionamento relativo dei blog, il rapporto contiene anche una indicazione sulla suddivisione linguistica dei blog. L'inglese appare incalzato dal giapponese e l'italiano conterebbe per il 2%. Sono dati in apparenza poco solidi, ma comunque indicativi della rilevanza della questione linguistica. E su questo torneremo.
Per concludere in tema di salite e discese, fatevi un giro su questo bel giochino.
E' in flash, ma viva il flash se serve a fare cose così. Vedete qui sotto cosa arriva a fare il solito virtuoso.
Ma dove mi mandi?
John Battelle ha annunciato che Snap ha messo giusto ieri in distribuzione una diavoleria da blog. Permette di avere un'anteprima sui link della pagina. Giusto per sapere meglio dove si va a parare; uno dei temi più dibattuti dalla nascita degli ipertesti. Finora bisognava guardare informazioni testuali, di solito nella cornice in basso del browser o in un "tag alt". Di solito sono prudente con le immagini e con il codice, ma questa mi è sembrata carina; mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. Soprattutto come funziona.
E' stato un commento di llutor a farmi venire l'idea.
Aggiornamento (17 nov:):
L'esperimento si conclude qui, visto che mi sono iniziato a stufare anch'io. (Per chi arrivasse ora si trattava di questo) La lezione di base rimane la solita: i gadget sono belli quando durano poco, le altre sono invenzioni. In questo caso si chiamano semplicemente link e hanno compiuto 16 anni.
novembre 14, 2006
Dimmi che sfondo hai
Sbirciare sul desktop degli altri è da voyer. Ma la curiosità è alla base della conoscenza. E dare il permesso ad altri di sbirciare nel proprio privato è una delle dimensioni alla base del blogging strettamente inteso. La scrivania, il desktop è lo spazio privato per eccellenza, la cucina e la dispensa di quello che ci frulla al momento. Proprio per questo è interessante vedere cosa fanno gli altri, che applicazioni, che sfondi, quante cartelle e quanto disordinate ecc.
Alcune settimane fa Marco Camisani Calzolari ha avuto l'idea di raccoglierne tra i bloggers italiani e le ha pubblicate su Bubbleshare. Ci si potrebbe fare un piccolo studio.
Alcune settimane fa Marco Camisani Calzolari ha avuto l'idea di raccoglierne tra i bloggers italiani e le ha pubblicate su Bubbleshare. Ci si potrebbe fare un piccolo studio.
novembre 10, 2006
Detta Innominata al PAN
S. Giovanni a Teduccio è un pezzo di Napoli che una volta, per un secolo circa, è stato industriale. Una volta c'era la Cirio, ora c'è la centrale elettrica di Vigliena che caccia fumo e ci sono anche altre cose che non profumano. Ma a S. Giovanni c'è ancora il mare, un mare particolare, dove non vanno i signori, un posto dal quale i ragazzi di S.Giovanni possono guardare lontano, tra la ferrovia e il porto.
Aniello Barone è un fotografo e anche un sociologo. Ha guardato con la fotografia questo pezzo di città, un pezzo difficile e non bello, nè pittoresco in cui lui abita, appunto in via "Detta Innominata". Le sue foto sono molto belle, più di quanto non avessi immaginato, e sono esposte da oggi al Pan, il palazzo delle arti a Napoli (il link lo metto per pura formalità, nessuno dei miei browser riesce a vincere la flashitudine inusabile di quel sito, ma forse è colpa mia, non ho quello che si aspettavano). Ma il Pan è in via dei Mille, in centro e visto che il web non aiuta, meglio andarci nella nostra first life, di persona. E così si può dare anche un occhio al catalogo, che ha una introduzione di Goffredo Fofi.
Aniello+Barone Fofi Pan
Aniello Barone è un fotografo e anche un sociologo. Ha guardato con la fotografia questo pezzo di città, un pezzo difficile e non bello, nè pittoresco in cui lui abita, appunto in via "Detta Innominata". Le sue foto sono molto belle, più di quanto non avessi immaginato, e sono esposte da oggi al Pan, il palazzo delle arti a Napoli (il link lo metto per pura formalità, nessuno dei miei browser riesce a vincere la flashitudine inusabile di quel sito, ma forse è colpa mia, non ho quello che si aspettavano). Ma il Pan è in via dei Mille, in centro e visto che il web non aiuta, meglio andarci nella nostra first life, di persona. E così si può dare anche un occhio al catalogo, che ha una introduzione di Goffredo Fofi.
Aniello+Barone Fofi Pan
novembre 09, 2006
Il bello della diretta
La mia ditta è in subbuglio: oggi il nostro Ceo, che è anche capo della federazione nazionale di categoria, parla a Roma sui problemi del settore. Che non sono pochi.
E' interessante però notare come in azienda ci sia emozione per il fatto che la relazione sarà trasmessa "in diretta" dal portale aziendale. Sento forte il rammarico di qualcuno per non avere (ancora?) i tanti pollici e la tanta definizione della TV vera. Dello specifico di internet invece nessun orgoglio. Nulla del poter assistere in differita, del poter cercare e indicizzare, di commentare, di poter intervenire, magari saltando qualche introduzione. No, solo windows media player. L'invidia del tele. E anche della radio.
E' interessante però notare come in azienda ci sia emozione per il fatto che la relazione sarà trasmessa "in diretta" dal portale aziendale. Sento forte il rammarico di qualcuno per non avere (ancora?) i tanti pollici e la tanta definizione della TV vera. Dello specifico di internet invece nessun orgoglio. Nulla del poter assistere in differita, del poter cercare e indicizzare, di commentare, di poter intervenire, magari saltando qualche introduzione. No, solo windows media player. L'invidia del tele. E anche della radio.
novembre 08, 2006
Credibili
Eccovi un post-post©, ovvero un’aggiunta all’ultimo post
A proposito delle questioni di cui si diceva qui sotto circa l’autorevolezza e la credibilità della rete ci sono, tra le tante, due opinioni che vanno citate, quella di Sarah Tobias e quella (tutti in piedi) di Tim Berners Lee.
Tobias, (su Chip e Salsa,il blog di F.Carlini finalmente in rete) ci ricorda come internet stia sempre più spesso funzionando come strumento di verifica di quello che sui media “autoriali” viene detto. La rete serve quindi ai giornalisti per trovare verifiche a quello che scrivono. Soprattutto se lo fanno sulla base di agenzie, come accade sempre più spesso e come giustamente faceva notare Maffettone. Se i giornalisti non controllano, come può capitare, almeno lo possono fare i lettori e la cosa mi sembra davvero molto interessante. Può essere utile vedere tre esempi di giornalismo sulla rete che sono altrettanti stadi delle possibilità del giornalismo ai tempi della rete: il Mattino che ha sul sito il giornale di carta tal quale, diviso per pagine e in rete solo nel pomeriggio; il Corriere o la Repubblica che hanno pagine web con molti dei contenuti del giornale cartaceo anticipando rispetto alla carta le questioni più rilevanti, con redazioni apposite che si occupano anche di una sorta cotonatura (strizzatine d'occhio a quello che accade in rete, molto gossip e un po' di soft-porno) e con un crescente tentativo di stimolare-usare forme elementari di partecipazione, "inviateci le vostre foto" o "partecipate al nostro sondaggio"; infine il Guardian che invece nella sua edizione in rete compete con quella cartacea, che per ogni articolo pubblica sia i rimandi a fatti pregressi o correlati, sia le fonti e che poi usa tutti gli strumenti che permettono ai lettori di arricchire, commentare e criticare le notizie.
TBL nel suo blog spiega in poche parole come la presenza di scorie, rottami, porcherie sia una caratteristica dalla rete fin dalla nascita. E va bene così perché “in quanto medium universale è importante che il web stesso non cerchi di decidere cosa sia da pubblicare o meno. Il modo in cui funziona la qualità sul web è attraverso i link.” Se finisco in un posto sgradevole o inaffidabile non mi limito tornare indietro una volta, ma due. Eviterò sia quel posto sia quello che mi ci aveva fatto arrivare. E’ così che si sviluppa, anche per tentativi ed errori il capitale di affidabilità e di reputazione che connota la rete.
Per concludere fa scalpore con quanta facilità si diffondano sulla rete informazioni che negano e rovesciano quanto generalmente accettato sugli attentati e i dirottamenti del 11 settembre 2001. Ma quando il mondo si rifiutò di vedere quello che accadeva in Germania durante la shoa e quando poi alcuni storici provarono a negare che fosse mai accaduto, internet non c’era ancora e nessuno provò a mettere in discussione l'affidablità della carta stampata.
No hay Fon sin Fonera
Sior siori, non siamo venuti in questa pubblica piazza...
Ieri sera mi sono comprato Fon. Era l'ultimo minuto per comprarlo a 5 euro. Colpa mia che non me ne sono accorto in tempo e non vi ho avvisato in tempo. Adesso sta a 30 e poi passerà a 50. Proveremo a rendere Wi-Fi un po' di posti pubblici, capita l'antiFona? Tanto, dovesse andar male, in questa città gli avvocati non mancano, anche se spesso stanno dall'altra parte.
Ieri sera mi sono comprato Fon. Era l'ultimo minuto per comprarlo a 5 euro. Colpa mia che non me ne sono accorto in tempo e non vi ho avvisato in tempo. Adesso sta a 30 e poi passerà a 50. Proveremo a rendere Wi-Fi un po' di posti pubblici, capita l'antiFona? Tanto, dovesse andar male, in questa città gli avvocati non mancano, anche se spesso stanno dall'altra parte.
Tech Tags: Fon
novembre 03, 2006
Maffettone contro Go e Netscape
Nel mondo c'è un vivace dibattito sulle tante conseguenze della crescita di internet come strumento di informazione. Si parla anche del futuro dei giornali, della fine della distinzione netta tra informatori autorevoli (quelli che scrivono sui giornali) e cittadini-lettori che vengono informati. Dibattito spesso ricco di ulteriori spunti e tuttora in corso.
Oggi, facendo finta di niente, come se avesse lui scoperto l'argomento, il filosofo Sebastiano Maffettone si lancia in una gustosa filippica misoneista. Non fate complimenti, assaggiate:
"Come è anche ovvio, i siti piu importanti - Aol, Yahoo!, Go, Netscape, Microsoft - catturano percentuali sempre piu grandi di persone che viaggiano sul web."
"Perché i grandi motori di ricerca, come quelli appena citati, sembrano avere in realtà scarso interesse per le notizie in quanto tali."
"Come ho già sostenuto altre volte in questa rubbrica(sic!), i grandi motori di ricerca svolgono prevalentemente meta-funzioni. Scelgono cioè che cosa mettere in rete tra tutto quello che altri producono, dal libro alla notizia giornalistica."
Io la sapevo un po' diversa la storia, ma se così sostiene un docente della Luiss e non sulla "gazzetta di montalto" ma sulla prima pagina de "Il Mattino" di oggi, allora deve essere vero. In fondo non è difficile stare sulle spalle dei giganti, affidarsi all'autorevolezza dell'emittente e a quella del medium.
Morale: imparatevi a diffidare dai metamotori (Aol, Yahoo!, Go, Netscape, Microsoft, ma soprattutto Go) e accattateve o'Matin. Il dibbattito è chiuso.
Poi dice che non ci vuole l'esercito...
Per chi volesse, la versione integrale è nel primo commento.
Quello della foto non è lui, è il filosofo di Rembrandt.
Oggi, facendo finta di niente, come se avesse lui scoperto l'argomento, il filosofo Sebastiano Maffettone si lancia in una gustosa filippica misoneista. Non fate complimenti, assaggiate:
"Come è anche ovvio, i siti piu importanti - Aol, Yahoo!, Go, Netscape, Microsoft - catturano percentuali sempre piu grandi di persone che viaggiano sul web."
"Perché i grandi motori di ricerca, come quelli appena citati, sembrano avere in realtà scarso interesse per le notizie in quanto tali."
"Come ho già sostenuto altre volte in questa rubbrica(sic!), i grandi motori di ricerca svolgono prevalentemente meta-funzioni. Scelgono cioè che cosa mettere in rete tra tutto quello che altri producono, dal libro alla notizia giornalistica."
Io la sapevo un po' diversa la storia, ma se così sostiene un docente della Luiss e non sulla "gazzetta di montalto" ma sulla prima pagina de "Il Mattino" di oggi, allora deve essere vero. In fondo non è difficile stare sulle spalle dei giganti, affidarsi all'autorevolezza dell'emittente e a quella del medium.
Morale: imparatevi a diffidare dai metamotori (Aol, Yahoo!, Go, Netscape, Microsoft, ma soprattutto Go) e accattateve o'Matin. Il dibbattito è chiuso.
Poi dice che non ci vuole l'esercito...
Per chi volesse, la versione integrale è nel primo commento.
Quello della foto non è lui, è il filosofo di Rembrandt.
Terziario avanzato, anzi rimasto
Come alcuni di voi sanno, lavoro in una ditta di grandi dimensioni che opera nel settore del terziario avanzato. Ma non proprio molto avanzato, si rischia di sbilanciarsi in avanti. E di rimanere scoperti al contropiede avversario, meglio usare prudenza.
Per esempio, su questa cosa delle tecnologie dell'informazione, del web, l'attenzione è giustamente limitata al minimo. La principale funzione del web è quella di averne uno per poter dire su altri media (quelli che contano: i giornali locali, il tg regione) che ce l'abbiamo anche noi.
Il web è una cosa con cui si possono fare tante altre cose, per esempio offrire servizi, informatici si intende. Per esempio delle liste di distribuzione per far circolare mail tra i dipendenti. Bene , utile e moderno, ma... non esageriamo, infatti:
Il messaggio deve essere inviato direttamente alla lista scelta. Tutte le mailing lists residenti sui server sono moderate; ciò richiede necessariamente un tempo tecnico per il controllo dei messaggi prima del loro inoltro. Pertanto gli utenti che desiderano farne uso sono invitati ad inviare i messaggi da distribuire con almeno tre giorni lavorativi di anticipo, in modo da consentire il regolare svolgimento delle procedure di approvazione ed inoltro.
Avete capito? Per inviare una mail bisogna aspettare tre giorni. Lavorativi, si intende, e siccome lavorare è fatica allora può succedere che corrispondano a qualcosa di più di quattro giorni solari in un posto in cui nei prefestivi a volte va via l'energia elettrica già dal pomeriggio. Il tempo fugge e voi mica vorrete far aspettare tre giorni i destinatari, no! Badate piuttosto di fare la richiesta tre giorni prima e vedrete come i server saranno puntuali nella consegna. Se però vi attardate voi, allora... Già state cominciando a sogghignare, vi sento: posta elettronica o posta a vapore? Sbagliato, perchè se proprio "desiderate farne uso" e fate click, allora ecco cosa compare da tre giorni, e chissa da quanto.Insomma, sembrava una minaccia, ma era solo uno scherzo: non esiste nessun servizio, o forse esisteva, o chissà.
Le tecnologie informatiche sono un potente fattore di innovazione. Una delle conseguenze che hanno accompagnato la loro introduzione è la riduzione dell'occupazione, l'aumento della produttività. Per realizzare questi e altri capolavori tecnologici nella mia azienda ho contato che sono occupate non meno di novanta (90) persone. Forse Google ne occupa di meno.
Trovarsi a cadere fra le braccia di Pietro Ichino non è un bella sensazione. Ma questi ti ci spingono.
Nel mondo di fuori le aziende concorrenti invece usano il web per quello che ha da offrire, che è già pronto e familiare (e gratis) per tutti. Questa ditta usa iTunes, una cosa di musica per giovani, per diffondere musica e conferenze e lezioni. Quest'altra ditta invece usa Google Video per mostrare a tutti lezioni e conferenze.
Come dice Nicholas Carr, citando Andrew McAfee:
"Everyone who has studied companies’ frustrations with IT argues that technology projects are increasingly becoming managerial challenges rather than technical ones." Success hinges, in particular, on how well you manage IT's "organizational complements" such as the design of processes, the rules of governance, and the talents of people.
Da noi invece la frustrazione da IT non si studia, si fabbrica.
Aggiornamento (9 nov.):
i malanni che affliggono il reparto macchine della nostra ditta sono tanti e quelli relativi alla posta, come commenta qui d.l., sono quelli più fastidiosi, non aggirabili. Ma non bastano lo spam di varia natura e spesso endogeno, le locandine da sei mega a far perdere di vista le poche cose che servono. Come vedete, a volte capita pure che una mail ci metta tre giorni a fare venti metri, ad andare da un utente a un altro dello stesso dominio. Si erano già innescati i soliti reciproci sospetti: "non sa inviare la posta", "l'ha buttata per non affrontare il problema".
Ma si sa che il 1 novembre è festa. E pure i server si devono riposare.
Vorrei smettere, ma non ci riesco: questa centrale nucleare a pedali di cui stiamo parlando è raggiungibile solo con il telefono, un numero di fax e un numero denominato HelpDesk, al quale risponde... un fax. Loro lo sanno bene che della rete è meglio non fidarsi.
Per questo si sono chiamati "Indagine sulla scena del delitto"
Per esempio, su questa cosa delle tecnologie dell'informazione, del web, l'attenzione è giustamente limitata al minimo. La principale funzione del web è quella di averne uno per poter dire su altri media (quelli che contano: i giornali locali, il tg regione) che ce l'abbiamo anche noi.
Il web è una cosa con cui si possono fare tante altre cose, per esempio offrire servizi, informatici si intende. Per esempio delle liste di distribuzione per far circolare mail tra i dipendenti. Bene , utile e moderno, ma... non esageriamo, infatti:
Il messaggio deve essere inviato direttamente alla lista scelta. Tutte le mailing lists residenti sui server sono moderate; ciò richiede necessariamente un tempo tecnico per il controllo dei messaggi prima del loro inoltro. Pertanto gli utenti che desiderano farne uso sono invitati ad inviare i messaggi da distribuire con almeno tre giorni lavorativi di anticipo, in modo da consentire il regolare svolgimento delle procedure di approvazione ed inoltro.
Avete capito? Per inviare una mail bisogna aspettare tre giorni. Lavorativi, si intende, e siccome lavorare è fatica allora può succedere che corrispondano a qualcosa di più di quattro giorni solari in un posto in cui nei prefestivi a volte va via l'energia elettrica già dal pomeriggio. Il tempo fugge e voi mica vorrete far aspettare tre giorni i destinatari, no! Badate piuttosto di fare la richiesta tre giorni prima e vedrete come i server saranno puntuali nella consegna. Se però vi attardate voi, allora... Già state cominciando a sogghignare, vi sento: posta elettronica o posta a vapore? Sbagliato, perchè se proprio "desiderate farne uso" e fate click, allora ecco cosa compare da tre giorni, e chissa da quanto.Insomma, sembrava una minaccia, ma era solo uno scherzo: non esiste nessun servizio, o forse esisteva, o chissà.
Le tecnologie informatiche sono un potente fattore di innovazione. Una delle conseguenze che hanno accompagnato la loro introduzione è la riduzione dell'occupazione, l'aumento della produttività. Per realizzare questi e altri capolavori tecnologici nella mia azienda ho contato che sono occupate non meno di novanta (90) persone. Forse Google ne occupa di meno.
Trovarsi a cadere fra le braccia di Pietro Ichino non è un bella sensazione. Ma questi ti ci spingono.
Nel mondo di fuori le aziende concorrenti invece usano il web per quello che ha da offrire, che è già pronto e familiare (e gratis) per tutti. Questa ditta usa iTunes, una cosa di musica per giovani, per diffondere musica e conferenze e lezioni. Quest'altra ditta invece usa Google Video per mostrare a tutti lezioni e conferenze.
Come dice Nicholas Carr, citando Andrew McAfee:
"Everyone who has studied companies’ frustrations with IT argues that technology projects are increasingly becoming managerial challenges rather than technical ones." Success hinges, in particular, on how well you manage IT's "organizational complements" such as the design of processes, the rules of governance, and the talents of people.
Da noi invece la frustrazione da IT non si studia, si fabbrica.
Aggiornamento (9 nov.):
i malanni che affliggono il reparto macchine della nostra ditta sono tanti e quelli relativi alla posta, come commenta qui d.l., sono quelli più fastidiosi, non aggirabili. Ma non bastano lo spam di varia natura e spesso endogeno, le locandine da sei mega a far perdere di vista le poche cose che servono. Come vedete, a volte capita pure che una mail ci metta tre giorni a fare venti metri, ad andare da un utente a un altro dello stesso dominio. Si erano già innescati i soliti reciproci sospetti: "non sa inviare la posta", "l'ha buttata per non affrontare il problema".
Ma si sa che il 1 novembre è festa. E pure i server si devono riposare.
Vorrei smettere, ma non ci riesco: questa centrale nucleare a pedali di cui stiamo parlando è raggiungibile solo con il telefono, un numero di fax e un numero denominato HelpDesk, al quale risponde... un fax. Loro lo sanno bene che della rete è meglio non fidarsi.
Per questo si sono chiamati "Indagine sulla scena del delitto"
novembre 02, 2006
Napoli sotto l'emergenza
Non è consuetudine di questo posto riprendere tale e quali le cose scritte da altri. Ma l'articolo di Enrico Pugliese, uscito ieri sulla prima pagina de "il manifesto", mi sembra che sia molto importante, da conservare. Si può leggere sul sito del giornale per una settimana, a me è sembrato che meritasse una vita un po' più lunga, che ci si possa ricordare anche tra qualche mese.
di Enrico Pugliese
Non è facile capire cosa sta succedendo di questi tempi a Napoli. Non è facile neanche trovare il bandolo della matassa: l'origine del malessere che sta avendo la sua tragica espressione negli ammazzamenti di giovani da parte di giovani e altri fatti di sangue. Ma c'è di peggio: comincio ad avere il dubbio che non ci sia neanche tanta voglia di capire. E questo non solo per l'alternativa davvero insensata tra invio dell'esercito o rafforzamento della polizia.
L'esistenza stessa di questa alternativa implica l'assunto che si tratti solo ed esclusivamente di una questione di repressione. Questo è al contempo sbagliato e crudele. D'altro canto né un giovane poliziotto inesperto, né un ragazzetto militare, per quanto bullo (io preferisco quelli spaventati), possono agire con efficacia in un contesto a loro estraneo, in situazione in cui la strada o il vicolo sono sotto il controllo di criminali. Ho misurato le parole e non ho parlato di «controllo del territorio da parte della criminalità organizzata», come fanno solitamente non solo i giornalisti sbruffoni, ma anche spesso le autorità statali e amministrative (e almeno queste ultime per coerenza dovrebbero dimettersi per manifesta incapacità).
Una sorta di comodo «cupio dissolvi» va ora di moda a Napoli. Sembra di rileggere La pelle di Malaparte. Tutto è camorra e la camorra fa tutto: esporta cadaveri cinesi, produce prodotti contraffatti per miliardi in Campania e li vende in tutto il mondo, organizza le elezioni e fa le stragi. Su questo sono tutti d'accordo. Viene perciò da chiedersi che ci stiano a fare il governatore o i dirigenti della dogana o quelli della guardia di finanza. E con questo non voglio neanche dire che «c'è una parte sana della città». Già ce lo racconta tutta la stampa ma la cosa è in parte ovvia in parte neanche del tutto vera. Cos'è la parte sana della città? Quella che abita al Vomero (e ha mostrato di essere seccata perché il quartiere è raggiungibile con la Metropolitana da Scampia) o a Posillipo e si limita a praticare il crimine in colletto bianco? O i berlusconiani per bene collusi con gli ambienti camorristi?
Un altro fondamentale elemento di confusione riguarda il discorso sulla cultura e la mentalità. Essa discende dalla distinzione tra parte sana (quella borghese, la parte per bene) e parte corrotta: parte legata alla camorra e soprattutto lontana dallo stato. Le chiacchiere sullo spirito di clan contrapposto alla civicness di Putnam (che mancherebbe a Scampia) hanno anch'esse invaso i giornali nazionali. A Napoli avrebbe vinto la cultura della camorra, la cultura dell'antistato (dimenticando gli stretti nessi tra camorra e stato).
Che ci sia una perdita di fiducia nelle istituzioni a Napoli mi sembra fin troppo ovvio ed evidente. La fiducia è durata fin troppo con i tassi di disoccupazione registrati in città. E per quel che riguarda un giovane o una donna di Scampia non si può certo imputare alla loro mentalità il fatto che non trovino lavoro. La cosa non ha neanche a che fare genericamente con la «latitanza delle istituzioni», ma con l'assenza di uno straccio di politica economica e per l'occupazione in una città devastata dalle dismissioni (così bene descritte da Ermanno Rea). E ancora per quel che riguarda i giovani, anziché raccontare i record nei tassi di abbandono scolastico nei quartieri - come si dice ora - «a rischio» bisognerebbe da subito investire sulla scuola e sul doposcuola. Mentre ora sta per saltare (per colpa delle beghe nelle clientele locali) il progetto chance. Altro che esercito. Bisognerebbe inviare maestri. O perlomeno permettere di lavorare a quelli che già ci sono. Prima che di ordine pubblico, l'emergenza è sociale.
di Enrico Pugliese
Non è facile capire cosa sta succedendo di questi tempi a Napoli. Non è facile neanche trovare il bandolo della matassa: l'origine del malessere che sta avendo la sua tragica espressione negli ammazzamenti di giovani da parte di giovani e altri fatti di sangue. Ma c'è di peggio: comincio ad avere il dubbio che non ci sia neanche tanta voglia di capire. E questo non solo per l'alternativa davvero insensata tra invio dell'esercito o rafforzamento della polizia.
L'esistenza stessa di questa alternativa implica l'assunto che si tratti solo ed esclusivamente di una questione di repressione. Questo è al contempo sbagliato e crudele. D'altro canto né un giovane poliziotto inesperto, né un ragazzetto militare, per quanto bullo (io preferisco quelli spaventati), possono agire con efficacia in un contesto a loro estraneo, in situazione in cui la strada o il vicolo sono sotto il controllo di criminali. Ho misurato le parole e non ho parlato di «controllo del territorio da parte della criminalità organizzata», come fanno solitamente non solo i giornalisti sbruffoni, ma anche spesso le autorità statali e amministrative (e almeno queste ultime per coerenza dovrebbero dimettersi per manifesta incapacità).
Una sorta di comodo «cupio dissolvi» va ora di moda a Napoli. Sembra di rileggere La pelle di Malaparte. Tutto è camorra e la camorra fa tutto: esporta cadaveri cinesi, produce prodotti contraffatti per miliardi in Campania e li vende in tutto il mondo, organizza le elezioni e fa le stragi. Su questo sono tutti d'accordo. Viene perciò da chiedersi che ci stiano a fare il governatore o i dirigenti della dogana o quelli della guardia di finanza. E con questo non voglio neanche dire che «c'è una parte sana della città». Già ce lo racconta tutta la stampa ma la cosa è in parte ovvia in parte neanche del tutto vera. Cos'è la parte sana della città? Quella che abita al Vomero (e ha mostrato di essere seccata perché il quartiere è raggiungibile con la Metropolitana da Scampia) o a Posillipo e si limita a praticare il crimine in colletto bianco? O i berlusconiani per bene collusi con gli ambienti camorristi?
Un altro fondamentale elemento di confusione riguarda il discorso sulla cultura e la mentalità. Essa discende dalla distinzione tra parte sana (quella borghese, la parte per bene) e parte corrotta: parte legata alla camorra e soprattutto lontana dallo stato. Le chiacchiere sullo spirito di clan contrapposto alla civicness di Putnam (che mancherebbe a Scampia) hanno anch'esse invaso i giornali nazionali. A Napoli avrebbe vinto la cultura della camorra, la cultura dell'antistato (dimenticando gli stretti nessi tra camorra e stato).
Che ci sia una perdita di fiducia nelle istituzioni a Napoli mi sembra fin troppo ovvio ed evidente. La fiducia è durata fin troppo con i tassi di disoccupazione registrati in città. E per quel che riguarda un giovane o una donna di Scampia non si può certo imputare alla loro mentalità il fatto che non trovino lavoro. La cosa non ha neanche a che fare genericamente con la «latitanza delle istituzioni», ma con l'assenza di uno straccio di politica economica e per l'occupazione in una città devastata dalle dismissioni (così bene descritte da Ermanno Rea). E ancora per quel che riguarda i giovani, anziché raccontare i record nei tassi di abbandono scolastico nei quartieri - come si dice ora - «a rischio» bisognerebbe da subito investire sulla scuola e sul doposcuola. Mentre ora sta per saltare (per colpa delle beghe nelle clientele locali) il progetto chance. Altro che esercito. Bisognerebbe inviare maestri. O perlomeno permettere di lavorare a quelli che già ci sono. Prima che di ordine pubblico, l'emergenza è sociale.
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